Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 30 dicembre 2014

Considerazioni sul Parmenide di Peter Kingsley





Kore-Persefone è Aletheia. È tutt’uno (tautò) con Afrodite, dea della manifestazione e dell’inganno, māyā-apate. La colomba appartiene ad entrambe come animale dell’albedo, dell’intelligenza spirituale, della pace tra corpo e spirito.
In Apuleio la bellezza di Venere è custodita nella pisside di Proserpina, in fondo all’Hades, l’Invisibile. Persefone-Verità (o Disvelamento, Manifestazione) è senza nomi, dunque è la Nominatrice: in lei si uniscono indissolubilmente il tanzīh, la negazione apofatica, e il tashbīh, l’analogia e partecipazione catafatica.
La falce lunare della morte taglia il ‘mondo’, la sua apparente continuità, in istanti, teofanie. Così la freccia di Zenone è congelata, eterna in ogni istante: la kinesis, il movimento, è l’esperienza della mente desiderante, proiettata all’esterno. È la schiuma marina di Afrodite a suscitare l’inganno (apate) della continuità.
Kore è l’anima in quanto ātman. È autokinēton, muove se stessa, ma anche akinēton, immobile, nell’istante eterno.
Le due vie di Parmenide sono: esti (via di Peithò, persuasione, conduce da Afrodite a Persefone; la philotes o amicizia cosmica di Empedocle); ouk esti (via della distruzione dialettica; Zenone, il neikos di Empedocle come lotta che consuma se stessa, negazione che si nega). La terza via non è una via, è lo sbandamento ordinario dei dikranoi, gli esseri con due teste.
I chicchi di melagrana sono la vera continuità di mētis, la saggezza che è la non-dualità di Persefone e Afrodite, Psiche e Venere, Biancaneve e Regina. Chicco è rhoià, come Rhea, il continuum della materia. Come in alto, così in basso.
La mētis di Parmenide è la maat egizia. Il navigante ermetico, kybernētēs, timoniere, l’Odisseo dalle mille peripezie, è polymētis, ricco di mētis, ha una mētis molteplice, capace di penetrare e ridurre a uno la molteplicità. Si tratta di una sapienza tellurica e lunare insieme, sottile, magica – la shakti del sapiente.
L’eon sferico di Parmenide è l’ōon, l’uovo orfico, come la Binah kabbalistica, utero divino, e l’hiranyagharba vedico, embrione-utero aureo. Il tajallī, la teofania originaria, è quella dei Nomi, divini e creaturali, i Possibili: l’esti greco significa “è” ed “è possibile”. Dove non c’è potenzialità-mutamento, kinēsis, posse ed est sono uno (Cusano).

Oscar Milosz e Parmenide. L’amore del movimento-kinēsis è il pensiero, il getto di sangue-seme originario, Kāma-Eros Protogonos, Afrodite. Sono dati simultaneamente movimento, materia, spazio-tempo. La necessità di situare in un luogo sicuro (identificazione egoica e correlativo ‘mondo esterno’) è dovuta alla paura-stupore-smarrimento primordiali. La si vince scoprendo che l’unico “luogo sicuro” è il cuore, centro solare dell’uomo, quando l’infinito materiale è colto (dunque delimitato in actu) come istante immobile, unità. Si spegne il bisogno di localizzare, il desiderio ritorna a se stesso, il mondo sorge dal-nel cuore.
Il mercurio-sangue viene fissato nel cuore-oro. Il tutto, l’istante presente come uovo, mela, perla, embrione-utero, palla dei giochi di Zagreo. Persefone-Aletheia come Maria-Sofia, albedo dell’illuminazione. L’immortalità è l’unione di questa regina lunare con il re solare, lo zolfo della volontà magica risorta dalle ceneri del corpo attraverso il bagno-utero del mercurio.

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